Vittoria Gravina
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INTERVISTA AI PROTAGONISTE DE: LA RIBELLE, DI LEONARDO GUERRIERO

25/6/2018

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Sono convinto che i borderline siano persone alle quali raramente qualcuno abbia chiesto scusa. Se tua madre, tuo padre e tanti altri a suo tempo ti avessero chiesto perdono, forse non staresti in questa condizione oggi”.
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Un libro intenso è ciò che Leonardo Guerriero ci regala con La Ribelle.
Questa storia a due voci comincia con la scoperta di Leonardo della patologia borderline e il racconto di Francesca.
Nel preparare questa intervista ci sono state lunghe telefonate tra me, l’autore e Francesca. Da lì l’idea di farne un’intervista che li raccontasse entrambi.

Questo libro è tante cose ma prima di tutto è una storia d’amore. Chi ha letto il libro sa che tu e Leonardo vi conoscevate già.
Lei: Sì, il nostro è un incontro che avviene dopo 28 anni. Prima sono rimasta sola perché ero malata e non volevo avere una relazione che potesse destabilizzarmi. L’amore per me era ormai una cosa messa da parte.
Poi, casualmente, come succede su Facebook, vedo una richiesta di amicizia. È di Leonardo. Ci siamo scritti, sentiti al telefono e io gli ho subito detto: “Sai sono single, ma non ho nessuna intenzione di avere una relazione”; gli parlavo come un’amica, come ero 28 anni prima. Dopo decidemmo di incontrarci e poi… il destino ha deciso per noi. Nonostante l’iniziale mancanza di volontà non seppi resistere all’attrazione che si era creata.
Ci siamo trovati cambiati, diversi; ma tutti e due in sintonia.
Lui: Pur non vedendoci da molto tempo, conservavamo un bel ricordo l’uno dell’altra. Poi la vita ci ha diviso. Dopo la mia richiesta di amicizia a Francesca, su Facebook, ci siamo rivisti e ci siamo poi messi insieme con tanta facilità, e da lì è cominciata la nostra storia.

Benedetto (intervenuto nel sondaggio del blog) chiede a Leonardo: Come hai trovato la forza di non scappare? Come descriveresti questa spinta/motivazione a restare?
Lui: È una domanda difficile. La voglia di restare è nata dalla sfera emozionale. Io mi sono trovato davanti a questo mondo completamente impreparato. Man mano ho intuito che Francesca non era colpevole della propria patologia e questo mi ha spinto a cercare di capire di più e a documentarmi. Questo è stato il primo pensiero.
Poi, forse dei due il ragionamento più razionale, ho pensato che sì, avrei anche potuto andarmene davanti a certi atteggiamenti ma se avessi avuto un figlio con la stessa patologia, ovvero il disturbo borderline, sarei rimasto; senza pensarci. Se mio figlio avesse tentato il suicidio 5 volte io avrei cercato di fare tutto il possibile per salvarlo, e allora perché non fare lo stesso con Francesca? Nel libro scrivo una cosa molto chiara: “Le uniche donne che bisogna mollare sono le stronze” e Francesca era tutto meno che una stronza.

Come è stato per te Francesca quando hai capito che Leonardo sarebbe rimasto?
Lei: L’inizio è stato un po’ turbolento, l’ho provocato parecchie volte. Una persona normale se ne sarebbe andata. Il fatto che sia rimasto mi ha permesso di aprirmi. Io ero molto spaventata perché sai, noi border, siamo persone molto sensibili e fragili. Forse mettevo in atto queste strategie per non soffrire. Per questo ti ho detto che per molti anni sono stata sola, ero consapevole di non poter reggere. Adesso il fatto di cenare insieme sa di famiglia, di non sentirmi sempre sola davanti ai problemi.
Ora abbiamo abbondantemente superato l’anno. Abbiamo festeggiato il nostro primo anniversario l’11 Ottobre.

Come è nata l’idea di raccontare?
Lei: È nata per caso. Leonardo era già coautore di altri libri. Sono tutti di genere fantasy. Per lui scrivere era normale. Un giorno, conoscendo la mia storia, mi disse: “Ti va se stasera prendo carta e penna e mi racconti un po’ di te?”, pensai: “perché no”. Ha iniziato a scrivere La Ribelle ad Aprile, l’ha terminato a fine maggio. Penso che i nostri dialoghi siano durati circa 20 giorni. All’inizio è stato auto pubblicato, poi Onda D’Urto Edizioni si è interessata al testo.

Come è nata l’idea di scrivere questa storia?
Lui: Io ho la passione di scrivere dal 2009. Ho scritto altri libri che ora ho intenzione di sistemare. In quel periodo lavoravo proprio alla prima revisione. Conoscendo la storia di Francesca e gli approfondimenti che avevo fatto sulla patologia, attraverso i contatti con i gruppi e le letture scientifiche, mi sono accorto che erano pochi i romanzi che trattavano questo tema, ed erano perlopiù autoreferenziali. La nostra, invece, era una storia a due voci e così ebbi l’idea di scriverla. In più avevo scoperto, a seguito di un periodo difficile che avevo vissuto, quanto la scrittura potesse essere automedicativa.

Quando hai scoperto che Francesca soffriva di questo disturbo ti sei informato. Dove hai trovato supporto? E quanto sono importanti per voi i gruppi di mutuo aiuto?
Lui: Più che i manuali mi ha aiutato leggere i messaggi scritti da chi ha questa patologia.
Alla fine del libro, infatti, ho scelto di inserire una serie di messaggi, tratti dai social network, di chi vive con questo disturbo. Ho voluto dare loro voce perché proprio leggendo quelle testimonianze io avevo potuto capire e avvicinarmi a quel mondo.
Lei: Io sono una delle 10 amministratrici di un gruppo di mutuo aiuto. Quando mi iscrissi io gli amministratori erano due e i membri erano poco più di 200. Ora siamo più di 1000 membri e gli amministratori, scelti proprio dai fondatori, sono 10. Le regole sono molte chiare: se qualcuno ha degli atteggiamenti fuori luogo, o si chiude il post o le persone vengono bloccate. Sai il mondo Borderline, l’ho scoperto pian piano, è molto più grande di quello che credevo. Ci sono persone, come me, più autolesioniste: la colpa degli altri la rivolgo verso di me, ma sono buona. Ci sono altri border invece che sono cattivi, più aggressivi.

Nel libro entrambi vi scontrate con il concetto di normalità.
Lei: Non c’è nessun trattato scientifico che possa definire cosa sia normale o meno. La normalità, per quel che posso pensare io, è un concetto un po’ astratto. Per me alla fine si riduce a tenere un comportamento adatto al contesto socio-ambientale a cui tutti quanti, per convenienza, cerchiamo di conformarci. Quando io esco con gli amici, mi comporto come vuole la società. Questa per me è: un’apparente normalità, ovvero sembrare agli occhi degli altri una persona capace di intendere, di volere e di sapersi relazionare. Poi, quello che ha dentro una persona non è detto sia normale.
Io per esempio mi comporto come tutti gli altri ma dentro di me, però, c’è l’inferno e nessuno lo sa. Metto una maschera, la maschera delle convenzioni.
Lui: È un concetto da cui rifuggo nella maniera più assoluta perché per me la normalità sono degli schemi in cui fluiscono delle risposte superficiali e ciò che non rientra in questi schemi viene, nel gruppo o nella comunità, indicato come stigma. Il termine normalità non mi piace assolutamente. Il problema è che chi esce da questi modelli viene emarginato ed escluso.

Una domanda dal web per te Francesca: Ci sono dei tabù, falsi miti che vuoi sfatare?
Lei: Il tabù più grande che vorrei sfatare è proprio questo: sul Web si parla di tutto ma non si trattano questo genere di temi. Non si deve aver paura. Si riesce a essere vicini con una parola a chi ha il diabete o a chi ha un cancro ma non a chi ha un male come il mio. È un male che non si vede ma c’è. Invece è come se si sentisse dire: “Quello è border, stiamo lontani”. Ma perché? Alcuni sì, sono aggressivi ma perlopiù sono persone inoffensive. Sono persone che sono cresciute in famiglie disfunzionali e che hanno avuto un’infanzia terribile. Sai come cresci? Come un albero con le radici storte.

Bellissima la dedica: “A tutti coloro che stanno versando sangue trasparente”, fa pensare a un male non visibile. Come dici tu Francesca parlando di tua madre: “Io ho una malattia che non si vede e lei (mia madre, Ndr) spesso dice che i miei sono solo capricci”. Prima di fare quest’intervista, come sapete, ho creato un articolo partecipativo per chiedere a chi volesse di intervenire sul tema. Sono stati molti gli interessati. Tra chi ha ammesso di conoscere poco l’argomento c’è stato anche chi soffre, in prima persona, di questo disturbo, e si è sentito scaldato da questa attenzione e dalla nostra voglia di raccontare. Pensi Francesca che questa divulgazione ti abbia aiutato?
Lei: Come ho detto i familiari sono i primi che non accettano. Io mi sono fatta anche un’idea sul perché lo facciano, credo che probabilmente dovrebbero mettere in discussione loro stessi. Questa divulgazione mi ha aiutata a calare la maschera, ora sono me stessa.

C’è stato invece chi si è sentito un “fenomeno da baraccone” al pensiero di avere un’intervista e un libro dedicato. L’idea che potesse esser visto così ti ha mai sfiorato?
Lui: Lo capisco perfettamente. Queste persone sono talmente spaventate, talmente terrorizzate dal facile giudizio altrui che posso capire che, a un certo punto, preferiscano, a volte in maniera dura, rifiutare a priori qualsiasi contatto.
Noi cerchiamo di fare il possibile per far conoscere questa patologia che, ci tengo a ricordare, colpisce il 2% della popolazione e le donne in particolare. Molte non sono nemmeno diagnosticate.
Nel momento in cui faccio del bene anche a una o a due persone io ho raggiunto il mio obiettivo.
Ci sono stati due effetti che ho avuto con questo romanzo. Il primo è stato quello di essere un grandissimo collante tra me e Francesca, per noi questo è il nostro progetto. Poi, ho visto lei contenta di poter parlare con persone che l’apprezzano e la stimano per quello che è, senza maschera. La pagina Facebook de La Ribelle è vivacissima e per molti è diventata un vero e proprio luogo di ascolto. Si è creata una specie di comunanza, ed è qualcosa di davvero speciale.

Dove è possibile acquistare la Ribelle e diteci se avete degli appuntamenti futuri.
La ribelle in versione cartacea si può ordinare e acquistare su Amazon, ibs, libreria universitaria, Mondadori Store, Feltrinelli e nelle altre librerie elettroniche.
Per quanto riguarda gli appuntamenti abbiamo in programma alcune interviste televisive su emittenti locali e una presentazione evento presso la Casa delle Donne di Milano.
Per il momento non abbiamo ancora le date, perciò seguiteci!


Siamo partiti dalla vostra storia d’amore e mi piacerebbe chiudere con quella. Come vedete il vostro futuro?
Lei: Spero di rimanere con Leonardo. Mi vedo con lui nella vecchiaia. Ci amiamo tantissimo. L’amore aiuta tanto sai? Forse essere amati e accettati è la migliore medicina.
Lui: Mi piacerebbe sposare Francesca. Solo questo.
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I messaggi, le telefonate, i commenti alla recensione nulla mi avrebbe fatto pensare che avrei conosciuto due persone così splendide. Leonardo e Francesca stanno facendo, con coraggio, qualcosa di grande nel raccontare la loro storia e condividerla con chiunque abbia la voglia e la sensibilità di ascoltare. Sono contenta di aver dato loro uno spazio in questo blog che è qualità, discussione e soprattutto riflessione. Ringrazio l’autore e Francesca per la disponibilità e per ciò che stanno facendo, gli auguro il meglio.

Vittoria Gravina
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RECENSIONE: LA RIBELLE, DI Leonardo GUERRIERO

25/6/2018

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Chi legge sa che ci sono molti libri belli ma poi ci sono quelli che ti catturano, travolgono e ti lasciano lì a rifletterci per giorni e a ragionare sui personaggi come se fossero persone reali e dipendessero da quelle tue elucubrazioni.

"Ecco questo è uno di quei libri" .

Un libro speciale che racconta un tema troppo poco affrontato: il disturbo di personalità borderline. Se ne parla poco ma è un disturbo che colpisce il 2% della popolazione, in special modo le donne.
Eppure se ne parla sempre troppo poco. Per fortuna l’esperienza di Francesca, protagonista del libro, non cadrà nel dimenticatoio grazie a Leonardo.

Ti siedi e ascolti, è così che ho letto questo libro. Ho immaginato di sentire Francesca parlare e io lì, seduta, ad ascoltare la sua storia.

Una voce delicata e bassa che con facilità si può mettere a tacere. Una voce che ha trovato uno scrittore che fermasse quelle parole in qualcosa di grande. Un libro scritto magistralmente che aiuta a scoprire la vita di questa donna e di altre come lei con onestà.
Un libro che mi è rimasto dentro; uno di quelli che più spesso si vorrebbe avere l’occasione di leggere.

Da questa recensione è nata un’intervista all’autore de La Ribelle, Leonardo Guerriero, e alla protagonista della storia, Francesca. Puoi leggere l’intervista qui: La Ribelle, intervista ai protagonisti.

Vittoria Gravina
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recensione: dì-scorsi, di andrea monotti

25/6/2018

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Una riflessione che ci tocca tutti da vicino
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Un libro fresco di stampa è quello di Andrea Monotti che con Dì-scorsi fa la sua prima esperienza con i racconti, dopo la pubblicazione della raccolta di poesie Pensieri Apparenti con la Kollesis Editrice.

Un libro a cui io stessa ho lavorato come editor letterario e che oggi, dopo più di sei mesi di lavoro, vede finalmente la luce.
Un testo interessante già dal titolo: Dì- scorsi. Un’ambiguità che forse diventerà la cifra stilistica dell’autore sempre in bilico tra concetti, immagini ed esperienze.
Questo libro segue Giacomo, protagonista del racconto, nei dì scorsi, intesi come giorni passati, che vengono narrati attraverso la forma dialogica, un discorso per l’appunto.
Dopo la chiusura di un rapporto importante, di cui rimane solo una presenza (nel racconto: Lei), Giacomo si accorge di far parte di una folla e, solo allora, si rende conto di essere solo. Con la foga che conosce bene chi ha vissuto una situazione simile, Giacomo tenterà di allacciare, stringere e fortificare i rapporti con gli altri scoprendo, troppo tardi, di non stringere nulla tra le mani.
In un momento storico in cui le tecnologie sembrano, più che mai, unirci, in realtà delle barriere invisibili ci tengono sempre più lontani e allora l’unica via è ripartire da noi stessi.
Questo libro è per chiunque abbia provato quella sete di rapporti umani che l’autore con grande onestà ci racconta.
Se vuoi leggere questo libro, puoi acquistarlo qui.

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Vittoria Gravina
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